Il 2 febbraio 2017 è stato firmato da Fayez al Serraj per il Governo di Riconciliazione Nazionale dello Stato di Libia e da Paolo Gentiloni per il Governo Italiano un Memorandum of Understanding, con lo scopo di rafforzare la cooperazione nella gestione delle frontiere libiche, “per garantire la riduzione dei flussi migratori illegali”[1].
Lo stesso Memorandum prevede una validità triennale e il suo rinnovo tacito alla scadenza – il 2 febbraio 2020 – per un periodo equivalente, salvo il parere contrario di una delle Parti, da esprimere almeno tre mesi prima.
Il 2 novembre 2019, pertanto, le organizzazioni della società civile hanno chiesto [2] l’annullamento dell’accordo. Al contrario il governo italiano non ha mai chiesto al governo di Tripoli di annullare il memorandum. Pertanto, la ministra dell’interno Lamorgese, il 6 novembre 2019, confermando la validità dell’accordo, ha parlato di una volontà bilaterale di rivedere alcuni aspetti del patto.
Ad oggi tuttavia non si conosce il tenore né la portata delle modifiche proposte o se, più in generale, siano state effettivamente presentate o discusse delle proposte di intervento sul testo del Memorandum.
A tre anni dalla sottoscrizione del testo è possibile fare un bilancio degli effetti della sua applicazione e delle risorse spese, che possono essere inquadrate in 2 ambiti:
1) Cooperazione per la gestione dei flussi di cittadini stranieri irregolari ( art. 1)
In Libia non ci sono migranti irregolari e regolari, ma tutti i cittadini stranieri sono incriminati per l’ingresso, il soggiorno o l’uscita illegale dal Paese, punita con la detenzione generalizzata e a tempo indeterminato. Infatti la Libia non ha una legge sull’asilo, non ha ratificato la Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato del 1951 e non ha formalmente riconosciuto l’Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) [3]. I cittadini stranieri, anche in condizioni di vulnerabilità, inclusi i sopravvissuti alla tratta di esseri umani o rifugiati, possono essere sottoposti in maniera sistematica a detenzione a tempo indefinito. All’interno dei centri le persone detenute sono sottoposte ad ogni genere di violazione.
Dal canto suo l’Italia, senza porre alcuna condizione alle autorità libiche in tema di rispetto dei diritti umani e senza pretendere alcun impegno in tal senso, in adempimento agli obblighi discendenti dal Memorandum legati alla cooperazione nella gestione dei controlli e dei confini, ha fornito alla Libia dieci unità navali CP [4], due unità navali di ventisette metri della classe Corubbia [5] ed due motovedette classe Bigliani [6]; ha finanziato la rimessa in efficienza di quattro motovedette [7]; ha assicurato la presenza della nave Caprera ormeggiata al porto di Tripoli che coordina la Guardia Costiera per effettuare le intercettazioni in mare [8]; ha disposto la fornitura di equipaggiamento, formazione, assistenza tecnica e tecnologica [9].
La Commissione europea, anche grazie a questi interventi ha potuto dichiarare un crollo del numero di partenze dalla Libia pari al 90% [10].
E tuttavia, come evidenziato nel recentissimo statement della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa [11], questi dati indicano soltanto che la cooperazione con le autorità libiche ha contribuito a riportare in Libia e bloccare sul territorio libico migliaia di migranti e che, pertanto, il Memorandum contribuisce ad esporli a gravissime violazioni dei diritti umani fondamentali.
2) Il miglioramento dei centri di detenzione, tramite finanziamenti alle organizzazioni internazionali e non governative, aumento del rimpatrio volontario (art. 2)
I centri in cui vengono condotti i migranti dopo l’intercettazione in mare da parte della cd Guardia Costiera libica, sono luoghi di detenzione formalmente sotto la gestione e la sorveglianza del Ministero dell’Interno, dove i cittadini stranieri (senza alcun distinguo) sono trattenuti sine die in condizioni di gravissima prostrazione fisica e psicologica[12].
In questa situazione le organizzazioni internazionali e le organizzazioni non governative hanno ricevuto fin dal 2017, attraverso il Fondo Africa e l’EU Trust Fund, risorse per operare all’interno dei centri al fine di produrre un miglioramento delle condizioni di detenzione [13].
Tra le attività previste dal Memorandum da implementare in favore delle persone detenute rientra anche il rimpatrio volontario: infatti, grazie ai rimpatri assistiti di OIM, 8536 persone sono già state rimpatriate tramite il programma VHR finanziato dal Ministero degli Affari Esteri italiano [14]. In tale contesto, in numerose occasioni si è dubitato del carattere volontario e libero del consenso prestato al rimpatrio, tanto che lo stesso Rappresentante per la Tortura e gli altri trattamenti o punizioni crudeli e disumani ha richiamato l’attenzione su tali misure puntualizzando come la detenzione quando basata esclusivamente sulla condizione di migrante, può essere utilizzata anche per forzare a ritirare la richiesta di asilo o accettare il rimpatrio volontario [15]. Queste affermazioni sono tanto più attuali quando si considera che OIM, tramite le risorse del MAECI, ha rimpatriato 126 persone in Somalia, 26 in Eritrea, e 2486 in Nigeria, senza accertarsi che tra questi non ci fossero rifugiati o vittime di tratta [16].
L’acuirsi del conflitto armato sta contribuendo al determinarsi di una situazione totalmente fuori controllo e di pericolo estremo per chi si trova in Libia, tanto che il 30 gennaio scorso UNHCR ha annunciato di aver chiuso e abbandonato il centro GDF [17] dove venivano ospitati i rifugiati prima di essere trasferiti in Niger, Rwanda o paesi terzi [18] a causa del rischio troppo elevato che correvano i funzionari lì impiegati.
La situazione è tale per cui si può affermare che l’attività umanitaria finanziata attraverso il Memorandum, pur avendo ricadute positive nel breve termine sulla vita dei beneficiari, è assolutamente inidonea ad incidere sulla situazione dei centri di detenzione e a produrre un effettivo miglioramento.
Al contrario, la presenza delle Organizzazioni Internazionali all’interno dei centri di detenzione, dove le persone vengono sistematicamente sottoposte ad ogni forma di tortura, rischia di creare ambiguità che compromettono il buon esito dell’attività umanitaria stessa.
Nonostante tale contesto, da novembre ad oggi si sono susseguite ipotesi e proposte di modifica del memorandum. Tra queste, il Ministro degli Affari Esteri di Maio che ha ricevuto la proposta da parte di OIM e UNHCR di gestire i centri di detenzione [19] e il 30 gennaio 2020 ha confermato che il Governo si sta muovendo per la modifica degli accordi per la chiusura dei centri di detenzione e che si deve procedere all’evacuazione dei migranti [20].
Alla luce di queste affermazioni, ASGI ribadisce che:
1. Il rafforzamento delle autorità libiche tramite finanziamenti italiani ed europei sono contrari alle norme nazionali e comunitarie. Gli interventi di equipaggiamento, supporto tecnico e di cooperazione nella gestione dei confini, sia per le modalità pratiche con cui è stato disposto, sia per i soggetti a cui è rivolto, finisce per rafforzare pratiche e politiche di controllo dei flussi migratori contrarie ai diritti fondamentali, in quanto a sostegno delle autorità libiche che hanno commesso e continuano a commettere gravissimi crimini contro i migranti e i rifugiati in totale spregio della normativa in materia di diritti umani fondamentali e del diritto di asilo in palese violazione dell’art. 3 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo, rafforzando al contrario autorità che commettono gravi crimini internazionali.
2. Tramite il sostegno alla c.d. Guardia Costiera Libica, il governo italiano ricerca una immunità da pesanti responsabilità di tipo giuridico. Come il procedimento SS contro Italia [21] davanti la Cedu sta cercando di affermare, la delega alle autorità libiche della conduzione delle operazioni di soccorso in mare tramite la fornitura di supporto logistico, non esime lo Stato italiano da responsabilità per i c.d. respingimenti delegati e per la violazione degli obblighi di soccorso, laddove si rifiuta sistematicamente di assumere il coordinamento delle operazioni di soccorso lasciandole alle autorità libiche, le quali o non intervengono o riportano i migranti nei centri di detenzione della terraferma dove i loro diritti sono violati.
3. L’intervento delle Organizzazioni Internazionali e delle Organizzazioni non Governative non può più essere strumentalizzato dall’Unione Europea e dagli Stati membri per continuare a supportare le autorità libiche nella gestione del blocco dei flussi a fronte dell’apparente miglioramento delle condizioni dei centri di detenzione. Le condizioni all’interno dei centri di detenzione, nonostante gli interventi umanitari effettuati, sono tuttora caratterizzate da un altissimo livello di violenza. L’uso indiscriminato della detenzione in Libia, conseguenza delle politiche europee di esternalizzazione dei confini, comporta gravi violazioni dei diritti umani e impedisce l’esercizio del diritto di asilo.
4. Alla chiusura dei centri di detenzione non può sostituirsi la creazione di centri gestiti da OIM ed UNHCR. Al contrario i migranti devono poter facilmente raggiungere, in sicurezza, i paesi dell’Unione Europea dove possono presentare domanda di asilo o essere ammessi ad altre forme di tutela dove possibile.
Per questo ASGI chiede al Governo italiano:
- L’immediato annullamento o quantomeno la sospensione unilaterale a tempo indeterminato del c.d. del Memorandum d’intesa con la Libia del 2017 con il quale l’Italia ha finanziato, equipaggiato e formato la cd. Guardia costiera libica al fine di bloccare le persone straniere in fuga verso l’Europa e per poi incarcerarle nei centri di detenzione libici;
- L’immediata interruzione di ogni forma di collaborazione con le cd autorità libiche nell’ambito delle operazioni di intercettazione o soccorso di migranti in mare;
- L’immediata interruzione di ogni attività a sostegno del sistema di centri di detenzione per migranti in Libia;
- Il superamento delle politiche italiane ed europee di esternalizzazione del diritto di asilo e delle frontiere promosse anche attraverso accordi internazionali con Paesi terzi, a cui vengono assicurati fondi, equipaggiamento tecnologico e militare e legittimazione politica in cambio di un controllo -spesso violento e indiscriminato – delle loro frontiere;
- L’immediata evacuazione di tutti gli stranieri richiedenti protezione fuori dalla Libia in luoghi sicuri preferibilmente europei;
- La creazione di vie legali e sicure di accesso al territorio europeo attraverso una migliore regolamentazione dei flussi migratori, riconoscendo nella libertà di movimento non solo uno strumento efficace di lotta al traffico dei migranti ma soprattutto una risorsa sia per gli esseri umani, sia per i singoli stati, sia per i rapporti internazionali, ed un presupposto irrinunciabile per una più equa distribuzione dei diritti e delle opportunità.
[1] Il Memorandum ha natura politica e comporta oneri alle finanze ma, in violazione dell’art. 80 Cost., non è stato sottoposto a preventiva legge di autorizzazione alla ratifica da parte del Parlamento. E’ stato presentato alla Corte Costituzionale, tramite 4 parlamentari, ricorso affinché fosse sollevato un conflitto di attribuzione tra Parlamento e Governo . Inoltre è interesse di ASGI inviare alla Corte dei Conti specifiche segnalazioni perché sia verificato il controllo preventivo di legittimità degli atti del Governo allorché comportino spese non previste dalla legge di bilancio, in particolare laddove accordi bilaterali siano finanziati con risorse aggiuntive senza il previo passaggio e ratifica parlamentare come previsto dall’art. 80 Cost.
[2] Si veda Annullare immediatamente il memorandum di intesa con la Libia: la lettera aperta del Tavolo Asilo
[3] Per approfondimenti cfr sempre report UNISMIL 2018
[4] La strumentazione fornita, la quale può essere utilizzata anche a fini militari, potrebbe ricadere anche nelle limitazioni imposte dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sull’esportazione di armi e altro materiale alla Libia. La risoluzione 2420 estende l’embargo fino al 2020.
[5] La cessione delle unità navali è stata autorizzata con D.l. 84/2018 e poi consegnate dopo qualche mese alla Guardia Costiera Libica
[6] Si veda il Dossier del Servizio Studi della Camera dei Deputati – La partecipazione italiana alle missioni in Libia – 30 maggio 2019
[7] Il finanziamento è stato disposto con decreto 4110/47 del Ministero degli Affari Esteri ed ASGI ha impugnato il decreto.Il procedimento è ancora pendente di fronte al Consiglio di Stato.
[8] Si veda Il “grande inganno” della Libia sicura e le tappe della “regia” italiana dei respingimenti delegati
[9] Il Ministero dell’interno italiano ha ricevuto due finanziamenti dall’EU Trust Fund per un totale di 89 milioni di euro per supporto alle autorità libiche nel’attività di border management.
[10] Inoltre le Nazioni Unite indicano che la strategia dell’UE di delegare la responsabilità delle operazioni di search and rescue alla Guardia Costiera Libica, insieme agli attacchi alle navi di soccorso umanitario, hanno contribuito a rendere la rotta mediterranea la più pericolosa al mondo. Si veda il Rapporto Desperate and Dangerous: Report on the human rights situation of migrants and refugees in Libya
[11] Il comunicato della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović relativo al Memorandum di intesa Italia-Libia che si rinnoverà automaticamente il 2 febbraio 2020
[12] Il Procuratore presso la Corte penale internazionale ha previsto che presto sarà avviata una indagine sui crimini commessi in territorio libico
[13] Per un approfondimento sulla mancanza di trasparenza sull’utilizzo dei fondi da parte delle organizzazioni internazionali, si rinvia all’approfondimento di ASGI
[14] Dati forniti dal Ministero degli Affari Esteri tramite accesso civico di novembre 2019 che si riferiscono al periodo di tempo dal 1 settembre 2019 a maggio 2019
[15] Human Rights Council, Report on the Special Rapporteur on Torture and other Cruel, Inhuman, Degrading Treatment or Punishment, A/HRC/37/50, 28 February 2018
[18] Per un approfondimento su ETM e Resettlement
[19] ASGI ha chiesto al MAECI di avere accesso al programma. Per approfondimenti
[20] Si veda Il futuro della Libia è nel giungere a un buon accordo
[21] Respingimenti in Libia : il dossier e il video della conferenza stampa sul ricorso alla CEDU
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