Si è tenuta oggi 12 febbraio 2021 la conferenza stampa Società private e governo italiano portate a processo per i respingimenti in Libia
IL VIDEO DELLA CONFERENZA STAMPA
I fatti – I profili giuridici – Il contesto politico
È necessario dichiarare l’illegittimità dei respingimenti in Libia eseguiti da società private e coordinati dalle autorità italiane in collaborazione con la cosiddetta Guardia costiera libica. Gli effetti dell’esternalizzazione delle frontiere al vaglio del Tribunale di Roma.
Cinque cittadini eritrei, con il sostegno delle associazioni Asgi e Amnesty International Italia, hanno avviato un giudizio nei confronti delle autorità italiane, dell’Augusta Offshore e del comandante della nave Asso Ventinove. Il 2 luglio del 2018 i ricorrenti sono infatti stati respinti in Libia dalla nave “Asso Ventinove” della Augusta Offshore nell’ambito di operazioni coordinate dalle autorità italiane con la collaborazione della cosiddetta Guardia Costiera Libica. Ora chiedono che venga dichiarato illegittimo il respingimento operato nei loro confronti che li ha esposti a mesi di detenzione arbitraria e violenze in violazione, fra gli altri, del loro diritto di asilo.
Dai fatti di causa emerge che il 2 luglio del 2018 le autorità italiane hanno richiesto e coordinato l’intervento della “Asso Ventinove” nelle operazioni di soccorso avviate da una vedetta libica. In particolare, le navi Caprera e Duilio della Marina Italiana, di stanza a Tripoli, hanno chiesto alla Asso Ventinove di prendere a bordo 150 persone in fuga dalla Libia e provenienti da Eritrea, Etiopia e Sudan. La nave ha ricondotto le persone a Tripoli e le ha consegnate alle autorità libiche. I cittadini in fuga sono così stati nuovamente detenuti illegalmente e sottoposti ad abusi e torture.
Tale vicenda sembra confermare la centralità delle autorità italiane in Libia. Inoltre, fa emergere il coinvolgimento di determinati attori privati, che hanno interessi e attività economiche in Libia, nel contrasto alle partenze dal paese.
Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Cristina Laura Cecchini, Luca Saltalamacchia, Salvatore Fachile, Giulia Crescini, Loredana Leo e Alberto Guariso.
Sono intervenuti:
- Avv. Luca Saltalamacchia e Avv. Giulia Crescini del collegio difensivo
- Ilaria Masinara, Amnesty International Italia
- Adelaide Massimi, Asgi Progetti Sciabaca-Oruka
- Erasmo Palazzotto, Parlamentare LeU
- Sara Fratini, Scrittrice e attivista
Finalmente un giudice nazionale viene chiamato a valutare la legittimità dello strumento dei respingimenti, utilizzato in maniera massiva nel Mediterraneo e tassello fondamentale delle politiche di esternalizzazione dell’Unione Europea. Politiche oggi confermate e rafforzate dal Nuovo Patto sull’Immigrazione e l’asilo afferma Adelaide Massimi del Progetto Sciabaca Oruka di Asgi
L’intervento delle navi commerciali nelle operazioni SAR nel Mediterraneo ha assunto sempre maggiore centralità come conseguenza delle politiche di esternalizzazione e delle prassi criminalizzanti verso le organizzazioni della società civile attive nel Mediterraneo. Speriamo che venga riaffermato il dovere di tutela della vita in mare e il rispetto del principio di non refoulement che obbliga chiunque a condurre le persone soccorse in un porto sicuro dichiarano i legali che patrocinano il procedimento.
Tra le conseguenze delle politiche italiane di fermare le partenze di migranti e rifugiati dalla Libia a tutti i costi, economici e soprattutto umani, attraverso un memorandum d’intesa firmato col paese nordafricano ed entrato nel suo quinto anno di applicazione, vi è anche quella del coinvolgimento di navi private commerciali battenti bandiera italiana in attività, quali i respingimenti, che per noi sono illegali e che auspichiamo il Tribunale di Roma riconoscerà come tali. I ricorrenti fanno parte di 50.000 migranti e rifugiati che, grazie alla collaborazione dell’Italia, sono stati intercettati in mare e riportati in Libia per finire in centri di detenzione dalle condizioni terribili ed essere sottoposti a gravi violazioni dei diritti umani commenta Ilaria Masinara di Amnesty International Italia.
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