L’Unione Europea dovrebbe sospendere il finanziamento al programma attraverso cui i migranti vengono bloccati in Libia, poiché tale programma viola le norme di diritto finanziario dell’UE e le norme internazionali sui diritti umani, sostengono il Global Legal Action Network (GLAN), l’ASGI e l’Associazione Ricreativa e Culturale Italiana (ARCI) in un esposto presentato oggi alla Corte dei Conti dell’UE.
Dichiarazione congiunta sull’esposto
Parere Legale sulla legittimità dei finanziamenti dell’Unione Europea alla Guardia Costiera libica
L’esposto sostiene che la Commissione Europea fornisce supporto finanziario a progetti che risultano nel respingimento di persone verso la Libia, dove queste subiscono terribili abusi, in violazione dei suoi obblighi sul non contribuire a gravi violazioni dei diritti umani. La Corte dei conti, l’istituzione preposta al controllo delle finanze dell’Unione attraverso l’attività di audit, dovrebbe dare inizio ad una “special review” (analisi) del programma di gestione integrata delle frontiere (IBM) finanziato attraverso il Fondo Fiduciario per l’Africa che supporta le autorità libiche e assicurarsi che la Commissione europea sospenda il programma in attesa delle revisioni necessarie, come richiesto dal diritto dell’UE.
L’esposto è basato sull’opinione fornita da esperti di diritto finanziario e politiche di cooperazione allo sviluppo dell’UE, Prof. Dr. Phillip Dann and Dr. Michael Riegner of Humboldt University and Ms. Lena Zagst of Hamburg University.
L’Unione ha allocato 90 milioni di euro affinché il programma IBM riducesse il flusso migratorio dalla Libia, incrementando la capacità della guardia costiera libica di bloccare le barche dei migranti in fuga, attraverso formazioni e fornendo equipaggiamenti. I fondi usati dal Fondo fiduciario per l’Africa provengono principalmente da fondi per lo sviluppo, i quali, per l’appunto, possono finanziare solo azioni finalizzate a obiettivi di sviluppo. Di conseguenza, l’utilizzo di tali fondi per obiettivi securitari e di controllo delle frontiere comporta una violazione del diritto dell’UE.
Inoltre, i fondi per lo sviluppo dell’UE sono soggetti a norme basate sul principio della buona gestione finanziaria. Queste norme includono l’obbligo che i progetti siano dotati di un sistema di valutazione, mitigazione e monitoraggio del loro impatto sui diritti umani. Ciononostante, il Fondo fiduciario per l’Africa non prevede misure di mitigazione, né procedure di monitoraggio. Invece, il fondo prevede che le attività di valutazione e monitoraggio dell’impatto del progetto sui diritti umani siano condotte da chi riceve i fondi, i c.d. partner di attuazione. L’affidamento del Fondo fiduciario si è rivelato inadeguato nel caso dell’Italia, partner nell’attuazione dei programmi finanziati in Libia. Come sostenuto dal Comitato ONU contro la tortura, la cooperazione tra Italia e Libia acuisce il rischio dell’esercizio di forme di tortura da parte delle autorità libiche. L’Italia è stata già coinvolta in diversi contenziosi per i suoi programmi in Libia in materia di diritti umani davanti a organismi nazionali e internazionali.
Il programma IBM è ora nella sua seconda Fase, che è previsto prosegua sino a fine 2021. Al momento non viene proposta alcuna restrizione o condizionamento nell’uso dei fondi, né tantomeno il riferimento a un eventuale sistema di valutazione e di monitoraggio continuativo sull’impatto del programma sui diritti umani. Attraverso questo programma, l’UE sta quindi permettendo il perpetrarsi di gravi abusi sui rifugiati e migranti intrappolati in Libia. Il Ministero dell’Interno italiano, che si occupa dell’attuazione di gran parte delle attività, ha ripetutamente rifiutato di condividere informazioni o di rispondere puntualmente rispetto alle problematiche sollevate.
Il diritto dell’UE ed il diritto internazionale, sottolinea l’esposto, richiedono che l’Unione e i suoi stati membri condizionino il finanziamento attraverso misure concrete e verificabili, inclusa la chiusura dei centri di detenzione libici e l’adozione e attuazione di norme che garantiscano il diritto d’asilo da parte delle autorità libiche.
Nonostante ripetute richieste, le istituzioni dell’Unione si sono rifiutate di fornire informazioni sui finanziamenti utilizzati per ridurre il flusso migratorio in partenza dalla Libia. Ostacolare e rifiutare l’accesso all’informazione viola i doveri dell’Unione in termini di trasparenza finanziaria.
Questo esposto si aggiunge dunque a precedenti tentativi finalizzati a cercare di far valere la rule of law nel contesto del supporto da parte dell’UE ai respingimenti verso la Libia. A seguito di diversi casi presentati davanti ai fori per i diritti umani, l’esposto apre nuove strade appellandosi al supporto materiale che l’Unione fornisce alla Libia. La mancanza di programmi di monitoraggio dei diritti umani e il rischio che i fondi allo sviluppo vengano sviati per supportare programmi sulla sicurezza, così come avvenuto per i programmi finanziati dal fondo Fiduciario per l’Africa, sono allarmanti evidenze che le istituzioni dell’UE e gli Stati membri devono prendere in considerazione. La recente proposta del governo di Malta di incrementare il finanziamento alla Libia in risposta all’epidemia di Covid-19 didi 100 milioni, includendo nelle priorità il supporto alla guardia costiera libica, mostra che la mancanza di accountability rispetto al finanziamento dell’UE alla Libia persistite.
“Le leggi di bilancio europee impongono all’UE di garantire un uso corretto dei fondi europei per lo sviluppo, anche monitorando e valutando continuamente i loro impatti sui diritti umani. Senza le garanzie sulla salvaguardia dei diritti umani, il programma dell’UE in Libia è in palese violazione delle leggi europee ed internazionali ed è complice della sofferenza umana causata dal ritorno dei migranti in Libia” Valentina Azarova, consulente legale, GLAN
“Per garantire trasparenza sull’uso dei fondi pubblici e accountability per le azioni che portano a gravi violazioni dei diritti umani e restrizioni all’accesso al diritto di asilo per i cittadini stranieri intrappolati in Libia, ASGI ritiene fondamentale ricorrere a nuove strade e meccanismi di controllo, promuovendo azioni di contenzioso strategico al fine di evidenziare la responsabilità dell’Europa e dei paesi membri per tali violazione di diritti fondamentali – conseguenza delle politiche di esternalizzazione delle frontiere e del diritto di asilo”
Giulia Crescini, avvocato ASGI
“Un’Europa che contribuisce a gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale attraverso lo sviamento dei fondi destinati allo sviluppo, è un’Europa che manca ai suoi impegni e mina le sue proprie fondamenta. Mentre la società civile delle due sponde del Mediterraneo chiede a gran voce lo svuotamento dei centri di detenzione libici, la cooperazione dell’Italia con la Libia, finanziata ed incoraggiata dall’Unione, si traduce in respingimenti illegali di uomini, donne e bambini che vengono ancora una volta rimandati indietro nell’inferno libico, anzi che trovare salvezza e riparo in un porto sicuro” Filippo Miraglia, Responsabile Immigrazione ARCI
Il GLAN (Global Legal Action Network) è un’organizzazione senza fini di lucro composta da professionisti legali, accademici e giornalisti investigativi che persegue azioni legali innovative oltre confine, sfidando stati e altri potenti attori coinvolti in violazioni dei diritti umani. GLAN ha uffici nel Regno Unito (Londra) e in Irlanda (Galway).
Contatti:
Dr Valentina Azarova (Consulente legale) | | +306983146076 (anche su Whatsapp / Signal)
Il progetto Sciabaca di ASGI si propone di contrastare le politiche governative e normative registrate nel corso degli ultimi anni a livello nazionale, europeo ed internazionale che limitano la libertà di movimento e il diritto di asilo. Il progetto Sciabaca mira a fornire strumenti altamente specializzati utili alla proposizione di contenzioso strategico difronte alle Corti domestiche europee ed internazionali.
Contatti:
Giulia Crescini, avvocato ASGI | ;
Diletta Agresta, Project Officer ASGI Sciabaca
ARCI (Associazione Ricreativa e Culturale Italiana) è un’associazione di promozione sociale con più di un milione di soci che promuove cultura, diritti umani, solidarietà, partecipazione e democrazia. Il suo progetto “Externalisation Policies Watch”, attraverso la collaborazione con reti internazionali, associazioni africane e italiane, vuole rafforzare le attività di advocacy e di comunicazione riguardo alle politiche e alle pratiche europee e italiane di esternalizzazione delle frontiere nei paesi di origine e transito dei flussi migratori, in particolare Tunisia, Egitto, Niger, Sudan e Libia.
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Giorgia Jana Pintus, Project Officer |
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