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L’uomo forte per un paese sicuro: la “nuova” Tunisia di Kais Saied

18 Febbraio 2022

di Lorenzo Figoni

A partire dalla decisione del Presidente della Repubblica tunisino Kais Saied di sospendere le attività del Parlamento, risalente al 25 luglio 2021, la Tunisia è velocemente entrata in un vortice di profondi cambiamenti. La decisione si inserisce nel panorama di una Tunisia già in difficoltà, con un paese duramente provato dalla pandemia, dalla corruzione diffusa, dall’alto tasso di di criminalità  e di disoccupazione giovanile, dal carovita, dai servizi che non funzionano e dai debiti col Fondo Monetario Internazionale. Su questo sfondo Saied, appigliandosi all’art. 80 della Costituzione tunisina del 2014, ha annunciato il congelamento delle attività del parlamento, la revoca delle immunità parlamentari e le dimissioni del Primo Ministro Hichem Mechichi.

Dall’articolo 80 della Costituzione del 2014 ai pieni poteri

La Carta costituzionale tunisina prevede infatti la possibilità che in caso di pericolo imminente, che minacci l’integrità nazionale, la sicurezza o l’indipendenza del paese e comprometta il funzionamento regolare dei poteri pubblici, il Presidente della Repubblica possa prendere misure rese necessarie dallo stato di eccezione. Tali misure vengono adottate dopo aver consultato il Primo Ministro, il Presidente dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo e dopo aver informato il Presidente della Corte costituzionale. Quest’ultima, sebbene prevista dalla Costituzione del 2014, non è mai di fatto entrata in funzione[1]  e non ha così  potuto fare da argine alla concentrazione di potere in capo al presidente Saied: l’art. 80 prevede infatti un limite alla discrezionalità del presidente stabilendo che dopo trenta giorni dall’entrata in vigore delle misure la Corte costituzionale possa essere adita, su domanda del Presidente dell’Assemblea o di trenta suoi membri, per decidere sul mantenimento dello stato d’emergenza. Inoltre, nonostante sia espressamente previsto che in tali situazioni eccezionali il Parlamento sia considerato in stato di sessione permanente e che non possano essere sciolte le camere, la cosiddetta “sospensione” delle attività parlamentari risulta ancora in essere e sembra destinata ad esserlo ancora per diverso tempo. A tal proposito infatti, con un decreto presidenziale del 22 settembre scorso, il presidente Saied ha stabilito la proroga dello stato d’emergenza, in cui si innesta tra l’altro la decisione di esercitare il potere esecutivo “con l’aiuto di un Consiglio dei ministri, a sua volta presieduto da un capo di governo” riservandosi la possibilità di concedere o meno al Primo ministro la possibilità di sostituirlo[2]. Così, il 29 settembre 2021, a due mesi e mezzo di distanza dalle dimissioni del primo ministro Mechichi, Saied affida l’incarico di formare un nuovo governo a Najla Bouden Romdhane: la prima donna del mondo arabo a ricoprire il ruolo di Primo ministro dà vita a un esecutivo composto anche da 8 ministre donne su un totale di 24[3]. Tutta questa operazione è stata vista da alcuni come un tentativo di livellare, agli occhi dell’opinione pubblica nazionale e internazionale, la preoccupazione per l’erosione democratica in Tunisia, posto che la tenuta dell’esecutivo di fatto rimane saldamente nelle mani del Presidente della Repubblica[4].

Programmare attraverso la crisi

In una proposta di risoluzione del 18 ottobre scorso, il Parlamento Europeo richiedeva alla Tunisia di adottare “una tabella di marcia chiara che illustri le prossime tappe e il calendario per l’attuale transizione politica della Tunisia e la fine delle misure eccezionali, e che tenga conto dei piani socio-economici del nuovo governo, del futuro dell’attuale sistema politico, compreso il suo Parlamento, della Costituzione del 2014 e della possibilità di tenere elezioni legislative anticipate”[5]. Nonostante tale richiesta non appaia nella successiva versione definitiva della risoluzione, durante un discorso alla nazione trasmesso a reti unificate la sera del 13 dicembre[6], Kais Saied annunciava la sua personale programmazione volta a concludere il percorso iniziato a luglio: una vera e propria road map per il 2022 che parte da una consultazione online volta a raccogliere proposte sulla redazione di una nuova Carta costituzionale e di una nuova legge elettorale. Tali proposte verranno in seguito formalizzate da un’apposita commissione, per poi confluire in un referendum previsto per il 25 luglio 2022: esattamente un anno dopo la sospensione del Parlamento. Una consultazione che peraltro ha destato non poche preoccupazioni nella società civile tunisina, critica su modalità che non consentirebbero né la trasparenza necessaria né una reale fotografia della volontà del popolo: “Nella sua forma attuale, la consultazione sembra servire come pretesto per far avanzare il processo verso linee guida predefinite”, hanno affermato esponenti della società civile[7]. La tabella di marcia verso la fine della crisi approderebbe nel dicembre 2022 con delle elezioni che vedrebbero la Tunisia incardinata in un ordinamento costituzionale potenzialmente nuovo e con una nuova legge elettorale. Un traguardo che non convince Majdi Karbai, deputato di quel Parlamento sospeso che non parteciperà alle elezioni di dicembre, “perché partecipare significherebbe legittimare questo regime. Una legge elettorale decisa autonomamente da Saied, sotto il controllo del Ministero degli Interni togliendo effettivamente il controllo dell’Istanza Superiore per l’Indipendenza delle Elezioni. Abbiamo visto com’erano le elezioni sotto Ben Ali, sotto il controllo del Ministero degli Interni. Ricordiamo le percentuali e non ci fidiamo. Con il mio partito ( التيّار الديمُقراطي Attayar – Corrente Democratica n.d.r.) stiamo boicottando sia la sua consultazione telematica che le elezioni. Di più, stiamo chiedendo un dialogo nazionale effettivo per arrivare a un compromesso storico per la Tunisia”.

Dissolto il Consiglio superiore della magistratura

La preoccupazione relativa alla crisi istituzionale tunisina aumenta con l’aggiungersi, di recente, di una nuova e recente tappa dal dubbio valore democratico. Il 6 febbraio 2022 il Presidente Saied, dopo aver accusato i membri del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) di aver preso “miliardi” di tangenti e di aver ritardato le indagini sull’assassinio del leader della sinistra tunisina Chokri Belaid[8], comunicava alla popolazione la decisione di dissolvere il CSM. “Da questo momento il Consiglio Superiore della Magistratura appartiene al passato”: è con queste parole che l’organismo nato nel 2016 a tutela dell’indipendenza della magistratura è stato soppresso, permettendo a Saied di proseguire nel suo progetto di accentramento e allungare le mani anche sul potere giudiziario, dopo l’esecutivo e il legislativo. A seguito di questa ennesima involuzione democratica, i rappresentanti del G7 e l’Unione Europea si sono detti “profondamente preoccupati”[9], spingendo il Presidente della Repubblica tunisino a una parziale inversione di rotta, secondo cui il Consiglio Superiore della Magistratura sarebbe stato sì dissolto nella sua composizione attuale, ma rimpiazzato da un “consiglio provvisorio”[10]. L’organo che sostituisce il CSM ha visto la luce lo scorso 13 febbraio, prevedendo la prerogativa del capo di Stato di controllare selezione, nomina, promozione e trasferimenti dei giudici, potendone altresì licenziare i membri[11]. Viene da chiedersi a questo punto dove possano rinvenirsi le necessarie garanzie di indipendenza di questo nuovo consiglio provvisorio, una preoccupazione condivisa dal deputato Karbai: “il CSM è un consiglio che è stato eletto da avvocati, magistrati, professori, esperti. Un organismo composto da quaranta persone che rappresentano varie componenti e garantisce l’indipendenza della magistratura: se hai un problema con i giudici allora fai una riforma che vada a colpire la magistratura, il Consiglio non c’entra nulla. Il fatto è che finché lui non ha i suoi alleati all’interno allora il Consiglio può ostacolarlo”.

Un “paese sicuro”

La dubbia democraticità delle manovre di Saied è messa in evidenza anche dalla repressione dell’opposizione e dei suoi contestatori. Come denuncia Human Rights Watch “le autorità tunisine stanno perseguendo cittadini sia nelle corti militari che civili e li stanno imprigionando per aver criticato pubblicamente il Presidente Kais Saied e altri ufficiali. Questi cittadini includono membri del parlamento, commentatori sui social media e un conduttore televisivo”[12]. Le accuse di aver diffamato e insultato il Presidente sono fondate su una risalente legislazione oppressiva e ampiamente utilizzata nell’ambito del recente percorso di accentramento del potere iniziato il 25 luglio scorso. Secondo la società civile tunisina, infatti, queste persone sono state perseguite in relazione al Codice delle Telecomunicazioni (articolo 86), al Codice Penale (articoli 125, 126, 128) e al Decreto Legge numero 115/2011 sulla libertà della stampa, che contiene un certo numero di disposizioni formulate in termini vaghi e che criminalizzano la libertà di espressione. Questi articoli prevedono pene che possono andare fino a 5 anni di prigione per l’espressione pacifica di diversi tipi di opinione. 

La libertà d’espressione non è però la sola ad essere compromessa, all’interno di un quadro giuridico che presenta diversi profili critici in relazione alla punibilità di torture e altre forme di trattamenti o punizioni inumane o degradanti, di minacce alla libertà di riunione e associazione, di discriminazione basata su orientamento sessuale e identità di genere, di minacce alla libertà di religione e in termini di uguaglianza tra i sessi[13]. “La mancanza di una Corte Costituzionale con il mandato di abrogare leggi che risultino incostituzionali lascia i tunisini senza una garanzia chiave contro persecuzioni penali basate su accuse che violino i loro diritti umani. […] Leggi repressive, comprese quelle che criminalizzano le critiche nei confronti delle istituzioni dello stato, sono rimaste in vigore nonostante l’inserimento nella costituzione tunisina del 2014 della libertà di parola. Non esiste alcuna corte superiore che abbia il potere di abrogare queste leggi”[14]. Un tentativo di censura che, secondo Karbai, si allarga anche all’opposizione: “chi vuole davvero ottenere una riforma e valorizzare la transizione democratica si comporta in maniera diversa, non è così che si fanno i cambiamenti. Stiamo procedendo verso una nuova dittatura, che secondo Saied è il modello più giusto per governare il paese. Hanno persino vietato, con un decreto presidenziale, a tutti coloro che appartengono all’opposizione di uscire pubblicamente sul canale nazionale tunisino. Hanno vietato le manifestazioni all’opposizione, gli unici che possono manifestare sono gli alleati del Presidente. Oggi ci sono giovani processati perché hanno pubblicato dei post su facebook criticando il Presidente, altri, che sono stati arrestati nelle manifestazioni del 14 gennaio,[15] stanno subendo dei processi”.

L’insostenibile leggerezza degli Esteri

La situazione tunisina tiene certamente in allerta l’Unione Europea, tanto che il 12 febbraio l’Alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Josep Borrell, ha dichiarato: “Chiediamo con forza un ritorno alla normalità democratica. Siamo certamente molto preoccupati per questi eventi e stiamo decidendo di interrompere l’erogazione delle tranche progressive di aiuti macro finanziari che erano state programmate”[16]. Ciononostante, dopo più di sei mesi dalla presa dei pieni poteri da parte di Saied, non sembra mettersi in dubbio l’amichevole collaborazione italo-tunisina, la cui agenda è dettata principalmente dalla continua contrattazione in ambito migratorio. Lo testimoniano le diverse visite del Ministro Luigi Di Maio in Tunisia, ultima delle quali effettuata il 28 dicembre scorso, in cui ha fatto visita al Ministro degli Affari Esteri, della Migrazione e dei Tunisini all’Estero, Othman Jerandi, il capo del governo Romdhane e il presidente Saied, dichiarando che “Con la Tunisia il dialogo non è mai stato interrotto, è un paese amico”. Un’amicizia che da gennaio a ottobre 2021 ha portato 24116 migranti ad essere intercettati in mare dalle autorità tunisine e 1655 ad essere rimpatriati[17], ancorati all’irremovibile certezza di poter definire la Tunisia un “paese sicuro”.


[1] https://inkyfada.com/en/2021/07/29/constitutinal-court-delay-kais-saied-tunisia/
[2] https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2021/09/23/tunisia-saied-rafforza-poteri-presidenziali
[3] https://www.avvenire.it/mondo/pagine/tunisia-donna-premier-prima-nel-mondo-arabo
[4] https://www.washingtonpost.com/politics/2021/10/13/tunisia-has-its-first-ever-female-prime-minister-thats-not-good-democracy-it-sounds/
[5] https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/B-9-2021-0524_IT.html
[6] https://www.tunisienumerique.com/kais-saied-video-un-referendum-populaire-sera-organise-le-25-juillet-2022/
[7] https://www.ansamed.info/ansamed/it/notizie/stati/tunisia/2022/01/24/tunisia-32-ong-criticano-modalita-consultazione-online_ec0954cd-dcd0-4fc7-b56a-4b9772199a7e.html
[8] Chokri Belaid, leader della sinistra tunisina freddato sotto la sua abitazione da un gruppo di islamici radicali il 6 febbraio 2013. In tutto questo tempo giustizia non è stata fatta. Nelle pieghe di un dossier molto delicato e non ancora risolto si sono incrociate accuse di imparzialità e corruzione contro i magistrati, in primis dalla famiglia dello stesso Belaid. https://ilmanifesto.it/la-tunisia-ricorda-chokri-belaid-e-resta-senza-giustizia/
[9] https://lapresse.tn/122570/les-pays-du-g7-preoccupes-par-la-dissolution-du-csm/
[10] https://www.webdo.tn/2022/02/11/tunisie-examen-des-projets-de-decrets-relatifs-au-csm-provisoire-et-a-la-reconciliation-penale/?fbclid=IwAR3uP3s0_UVSZvPl9q8yzNhX5lKgS6saEv_KlFueJE3E2BGyQiFK4hdUG1w#.YgYi2d_MJPZ
[11]  https://sicurezzainternazionale.luiss.it/2022/02/14/tunisia-cittadini-piazza-lultima-decisione-del-presidente-saied/
[12]  https://www.hrw.org/news/2021/12/23/tunisia-courts-ramp-speech-prosecutions
[13] ASF, FTDES, Medecins du monde – Superare il mito della “sicurezza” in Tunisia. Come la strumentalizzazione del concetto di “paese di origine sicuro” legittima le espulsioni e respingimenti dei tunisini dall’Italia.
[14]  https://www.hrw.org/news/2021/12/23/tunisia-courts-ramp-speech-prosecutions
[15] https://www.lepoint.fr/afrique/tunisie-dispersions-manu-militari-des-manifestations-anti-saied-14-01-2022-2460538_3826.php
[16] https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/africa/2022/02/12/tunisia-borrell-ue-potrebbe-bloccare-gli-aiuti-macrofinanziari_559ede73-d8f5-4ddd-938d-819aa424432a.html
[17] Rielaborazione dati di ASF : https://www.facebook.com/ASF.Tunisie/photos/pcb.2204702216338315/2204701953005008/

Tags: contrazione diritti, paese sicuro

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