Un preoccupante passo indietro della CEDU sul divieto di espulsioni collettive per chi cerca protezione internazionale
Con la decisione nel caso N.D. e N.T. v. Spagna, dal 13 febbraio 2020, la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha compiuto un enorme passo indietro rispetto alla sua precedente giurisprudenza in materia di garanzie contro i respingimenti collettivi di migranti in cerca di protezione internazionale.
Il caso riguarda due cittadini nordafricani che, come parte di un gruppo più ampio di circa 75-80 persone, hanno attraversato la recinzione di frontiera nell’enclave spagnola di Melilla, in Marocco, e sono stati deportati in modo forzato e sommario dalle autorità spagnole nel territorio marocchino.
La sentenza della Camera della Corte EDU dell’ottobre 2017 aveva stabilito che la CEDU era applicabile e che la Spagna aveva violato il divieto di espulsione collettiva nei confronti dei due individui. Il caso è stato quindi deferito alla Grande Camera che (analogamente a quanto ha fatto nel caso di Khlaifia v. Italia nel 2016) ha ribaltato la decisione e ha preso una posizione opposta e senza precedenti, sostenendo che l’attraversamento illegale delle frontiere da parte dei due migranti ha legittimato la loro successiva sommaria espulsione.
L’articolo 4 del protocollo n. 4 della CEDU recita semplicemente ” Le espulsioni collettive di stranieri sono vietate.”
Nella sentenza in esame, la Grande Camera ha confermato la sua affermazione consolidata secondo cui i respingimenti alla frontiera rientrano nella nozione di “espulsioni collettive”.
Tuttavia, la Corte ha affermato che le autorità spagnole non hanno violato il protocollo 4, anche se non hanno esaminato le circostanze individuali dei due richiedenti. La Corte ha infatti dato particolare importanza alla condotta dei ricorrenti, consistente nell’attraversare un confine terrestre non autorizzato, in gran numero e con il presunto uso della forza.
Inoltre, la Corte ha attribuito particolare importanza al fatto che i richiedenti avrebbero potuto e dovuto chiedere asilo al valico di frontiera internazionale di Beni Enzar. Sebbene l’UNHCR avesse già chiarito che, all’epoca, non era possibile chiedere asilo a questo valico di frontiera, poiché non esisteva un sistema in grado di identificare le persone bisognose di protezione internazionale, la Corte ha sposato la posizione opposta delle autorità del governo spagnolo, secondo cui esisteva un’effettiva possibilità di presentare tali domande.
Questo principio stigmatizza ancora una volta il ruolo dannoso delle cosiddette “garanzie apparenti”, ovvero meccanismi messi in atto da uno Stato per proteggere formalmente un diritto specifico (in questo caso: la possibilità teorica di presentare una domanda di asilo alla frontiera) ma in realtà privo di qualsiasi contenuto sostanziale.
Sebbene i respingimenti al confine con il Marocco rappresentino una pratica di lunga data (questa parte della “Fortezza Europa” è stata costruita oltre 20 anni fa e da allora è stata aspramente criticata dalle organizzazioni per i diritti umani di tutto il mondo), questa è la prima sentenza della Corte EDU sulla questione. Nel tempo, i respingimenti al confine con Melilla sono diventati un potente strumento per impedire ai richiedenti asilo di accedere efficacemente alla protezione internazionale nell’UE.
La sentenza della CEDU rappresenta un precedente pericoloso e preoccupante, che legittima potenzialmente i respingimenti e le espulsioni collettive dei richiedenti asilo a Melilla e in altri paesi dell’UE, privando tutti i migranti che attraversano “illegalmente” un confine della possibilità di chiedere protezione internazionale.
Foto di Daan Huttinga su Unsplash