Tra il 26 e il 30 giugno 2019 un gruppo di avvocati e operatori legali, coordinati da ASGI nell’ambito del progetto Sciabaca, si è recato a Patrasso con l’obiettivo di realizzare un’osservazione giuridica di quanto sta accadendo nella città greca in merito alle riammissioni sommarie dei cittadini stranieri e richiedenti asilo dai porti italiani adriatici alla Grecia.
Patrasso per un grande numero di cittadini stranieri è l’unica strada per abbandonare la penisola greca e raggiungere l’Italia o l’Europa continentale.
Il governo italiano continua a dichiarare che tutti i ritorni dai porti dell’Adriatico verso la Grecia rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo di riammissione bilaterale tra i due Paesi adottato nel 1999. Tale accordo obbliga le parti ad accettare il ritorno dei migranti privi di documenti che abbiano viaggiato da un paese all’altro irregolarmente. La deroga alla riammissione viene riscontrata, ai sensi degli articoli 6 lett. d) e 23, nell’obbligo di rispettare i trattati internazionali sui diritti umani e sul diritto d’asilo, quali ad esempio la Convenzione di Ginevra del 1951.
Nonostante (secondo l’accordo entrato in vigore nel 2001) la riammissione debba obbligatoriamente seguire procedure formali descritte nel Protocollo Esecutivo e necessita una valutazione caso per caso (ad esempio l’applicazione del regolamento Dublino in caso di un richiedente asilo oppure le deroghe alla riammissione ai sensi degli artt. 6 e 23), la maggior parte dei ritorni di stranieri dai porti Adriatici in Grecia sembrano seguire procedure del tutto informali, violando in questo modo il quadro normativo di riferimento.
Il 21 ottobre 2014, infatti, la Corte EDU, nel caso denominato Sharifi e altri contro Italia e Grecia, ha condannato l’Italia per aver respinto indiscriminatamente un gruppo di richiedenti asilo verso un Paese “non sicuro”.
L’Italia, respingendo senza previa disamina della richiesta di protezione internazionale individuale dei cittadini stranieri verso la Grecia (Stato membro di primo ingresso nell’UE, ripetutamente condannato per le gravi insufficienze strutturali del suo sistema di asilo e di accoglienza) ha violato tre disposizioni della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU): l’art. 4, protocollo 4 (divieto di espulsioni collettive di stranieri); l’art. 3 (divieto di trattamenti inumani o degradanti); l’art. 13 (diritto ad un ricorso effettivo), in combinato disposto con l’art. 3 CEDU e l’art. 4, protocollo 4.
In questo quadro anche la Grecia,non garantendo ai cittadini di Paesi terzi respinti dall’Italia di accedere alla procedura nazionale di asilo né, per l’effetto, di non essere ulteriormente respinti verso Paesi di origine o di transita, a loro volta non sicuri, è stata condannata per la violazione dell’art. 13 CEDU in combinato disposto con l’art. 3 CEDU.
Nonostante la pronuncia della Corte, continuano i respingimenti sommari da parte dell’Italia senza che vi sia una valutazione individuale della condizione degli stranieri riammessi. Da parte sua, la Grecia consente le riammissioni da parte dell’Italia.
Lo scopo del presente sopraluogo è quello di monitorare le condizioni dei migranti e richiedenti asilo a Patrasso, con un’attenzione particolare ai casi degli stranieri sottoposti a riammissione da parte dell’Italia.
Procedure di richiesta asilo
A Patrasso è possibile fare richiesta di asilo all’Asylum Service. Per la presentazione della domanda si effettua la “skype call”.
L’Asylum Service di Patrasso si occupa della valutazione delle domande di asilo di tutta l’area della Grecia occidentale (Western Greece Office). L’Asylum Service riporta che presso l’ufficio di Patrasso vengono gestite le domande di 5 centri di accoglienza della Grecia Occidentale.
Le interviste vengono effettuate direttamente presso l’ufficio di Patrasso, con interpreti al telefono da Atene. Si riporta la difficoltà nel reperimento degli interpreti, quindi spesso l’appuntamento può essere rimandato più volte. In questo modo la procedura diventa molto lunga, e può durare anche più di 2 anni.
I richiedenti asilo incontrati riportano che l’intervista per la valutazione della domanda è molto corta (circa 10/15 minuti). L’intervista viene effettuata dal case worker dell’Asylum Service, non c’è nessun tipo di presenza/supporto da parte di EASO e UNHCR.
I criteri per la valutazione della vulnerabilità sono abbastanza limitati. Infatti, nonostante ci sia attenzione per i casi di gravi problematiche sanitarie, oppure per i casi di donne singole con prole, non risulta ci sia una valutazione più approfondita su disagi di tipo psicologico. Inoltre, non è chiaro se venga o meno effettuata una valutazione circa le potenziali vittime di tratta.
Se la persona non si presenta all’intervista con il case worker presso l’Asylum Service, deve presentare una giustificazione specifica (ad esempio un certificato medico). Se non viene presentato nessun giustificativo relativo all’assenza, ci riportano che la richiesta di asilo decade. Per continuare la procedura, bisognerà quindi presentare una nuova domanda (reiterata) e verrà effettuata una valutazione sull’ammissibilità. Anche nella valutazione sull’ammissibilità della domanda reiterata si può far riferimento all’emersione di vulnerabilità, ma sempre con gli stessi criteri descritti pocanzi. A meno che quindi non venga identificata la vulnerabilità, sembra che il richiedente che fa una domanda reiterata sia debba seguire l’iter con procedure accelerate.
Accoglienza e campi informali
A Patrasso non ci sono più servizi di accoglienza, a parte un centro per minori dell’OIM (che ospita meno di 20 MSNA, un numero non idoneo a soddisfare l’effettiva presenza di minori sul territorio, che compongono un gruppo consistente di stranieri presenti) e alcune famiglie accolte in appartamenti (progetto inizialmente finanziato da UNHCR e in un secondo momento, fino alla data attuale, gestito dalla municipalità di Patrasso tramite i servizi sociali).
Le associazioni locali riportano che la decisione delle autorità greche di non avere servizi di accoglienza nella città di Patrasso sia una scelta strategica, per evitare che i migranti, i richiedenti asilo ed i rifugiati provino ad attraversare il mare per raggiungere le coste italiane.
In ogni caso, in quanto punto strategico per il raggiungimento dell’Italia e dell’Europa settentrionale, Patrasso è stata negli ultimi anni un punto nevralgico per le rotte migratorie. Moltissime infatti sono stati i campi informali, dove i migranti aspettavano l’attraversamento.
Nel 2018, le autorità greche hanno risposto alla crisi umanitaria nei campi informali occupati dai migranti, con un’azione di polizia che ha smantellato più di 500 persone che vivevano accampate nei pressi del porto.
Ad oggi, abbiamo notizia di almeno due campi informali a Patrasso – nello specifico due fabbriche abbandonate adiacenti al porto. In una fabbrica ci sono tra le 40 e le 50 persone, ed in una più piccola meno di 10 persone, il numero è variabile e cambia in relazione alle rotte alternative.
I migranti che vivono nei campi informali sono per la maggior parte richiedenti asilo e si nascondono in attesa di tentare l’attraversamento.
Le due fabbriche sono spesso sorvegliate dalla polizia, che ciclicamente evacua le persone e le porta via da Patrasso. Ci riportano, infatti, che le autorità di polizia applicano una misura punitiva nei confronti dei migranti che sostano a Patrasso (senza essere in un progetto di accoglienza o con un regolare contratto di affitto) allontanandoli dalla città. Se sono richiedenti asilo, vengono portati fino ad Atene e lasciati in strada (ci riportano che vengono lasciati a Victoria Square). Se invece sono irregolari, vengono portati nel centro di identificazione ed espulsione di Corinto.
Per questo le associazioni che si occupano di tutela dei migranti si recano direttamente nelle factory per provvedere ai servizi di base: sanitari, cibo, vestiti.
Riguardo le nazionalità, sono soprattutto afghani, ma anche iraniani, iracheni, kurdi e, in modo minoritario, pakistani e bengalesi.
THE GAME
I migranti che sostano a Patrasso nelle factory, lo fanno con la speranza di raggiungere l’Italia tramite uno dei traghetti che raggiungono i porti di Bari, Brindisi e Ancona.
Alcuni cercano di entrare nei traghetti nascondendosi nei camion, altri passando i controlli con documenti falsi.
La Grecia e l’Italia hanno un accordo di riammissione per stranieri irregolari. Tale accordo però non troverebbe applicazione per i richiedenti asilo (persone quindi che sono già richiedenti asilo registrati in Grecia e chiedono nuovamente asilo in Italia) e per stranieri irregolari che mostrano, una volta intercettati, la propria volontà di richiedere asilo.
Le autorità che si occupano della sicurezza del porto mettono in atto diversi controlli per evitare che cittadini stranieri tentino il passaggio e l’ingresso nei traghetti in partenza per l’Italia.
All’imbarco dei mezzi, vengono effettuati dalla polizia portuale controlli su ogni camion, tramite agenti che ispezionano il velivolo, cani che possono fiutare la presenza di umani e in caso in cui il camion sia pieno tramite uno scanner che permette di visionare il contenuto.
I richiedenti asilo intervistati riportano che il controllo con i cani viene effettuato nuovamente quando i mezzi entrano nel traghetto, mentre le autorità riportano che i controlli si fermano all’imbarco.
Per quanto riguarda il passaggio con documenti falsi, il controllo avviene in un luogo diverso (ingresso passeggeri) e viene effettuato dalla polizia (non dalla polizia di frontiera, come i controlli dei veicoli). È emerso che il primo screening viene effettuato esclusivamente sulla base dell’ethnic profiling.
Se uno straniero viene trovato nascosto o quando tenta di nascondersi in un traghetto, oppure se tenta di passare i controlli con documenti falsi, viene inizialmente portato dalla polizia portuale in un edificio (all’interno del porto) dove viene trattenuto per un tempo breve per controlli. Se è un richiedente asilo o un rifugiato, viene portato dalla polizia ad Atene e lasciato per strada.
Se è uno straniero irregolare viene portato presso un centro di trattenimento amministrativo. Ci hanno parlato di due centri di trattenimento, uno dei quali è chiamato “Corinto”. Non abbiamo informazioni precise circa il tempo di trattenimento. Le fonti intervistate ci hanno detto che solitamente dopo qualche mese lo straniero viene rilasciato, poiché non ci sono abbastanza posti e per evitare il sovrappopolamento gli stranieri vengono “semplicemente” rilasciati sul territorio. Ci confermano inoltre che i cittadini stranieri possono fare richiesta di asilo quando trattenuti, ma non si capisce di chi sia la competenza in merito all’analisi della domanda nel caso in cui escano dal centro.
Nel caso di minori (sia richiedenti asilo/rifugiati che irregolari), dopo l’iniziale trattenimento e l’identificazione presso i locali della polizia portuale, dovrebbero essere portati in centri specifici per minori. Vista però la mancanza di posti nei centri per MSNA, vengono spesso trattenuti “per evitare di lasciarli in mezzo alla strada senza tutela”. Ci riportano però che anche nel caso dei minori vale lo stesso trattamento in seguito al sovrappopolamento nei centri di trattenimento.
Nel caso in cui uno straniero venga rinvenuto all’interno di un veicolo (solitamente un camion), l’autista viene immediatamente fermato e viene aperta un’indagine per comprendere se ci sia complicità da parte sua.
Per questo motivo sono i camionisti stessi che fanno controlli per assicurarsi che non ci siano stranieri che si nascondano nel loro veicolo.
Per quanto riguarda i migranti che riescono ad imbarcarsi, quando vengono intercettati a nave già partita, vengono messi in una stanza di detenzione nel traghetto direttamente dall’equipaggio della nave. La polizia di frontiera riporta che è il Capitano a fare una comunicazione alla polizia italiana. Una volta arrivati in Italia, la polizia sale sulla nave, identifica i cittadini stranieri, e se irregolari (quindi che non soddisfano le condizioni di ingresso o di soggiorno nel territorio – art 5 Accordo Bilaterale) li respinge e rimangono quindi sulla stessa nave che li riporta in Grecia.
La polizia greca riporta che la polizia italiana rilascia ai migranti un verbale del respingimento, mentre la polizia di frontiera riporta che ai migranti non è rilasciato nulla. Ci ha detto inoltre che il capitano della nave, una volta ripartita, comunica alla polizia portuale greca l’accaduto, la quale aspetta il migrante all’arrivo della nave al porto di Patrasso e mette in atto le stesse procedure di cui sopra (trattenimento al porto, controllo documenti, trasferimento ad Atene o trattenimento in apposita struttura).
Alcune associazioni incontrate ci hanno riferito che invece una volta in Italia, i cittadini stranieri vengono fatti scendere, ed in un secondo momento vengono respinti riportandoli sulla nave. Hanno riferito inoltre che ai migranti non viene rilasciato nessun documento che provi l’accaduto.
Apparentemente tra le due polizie (italiana e greca) non ci sono collegamenti. Il capitano della nave si occupa delle comunicazioni sia alla polizia italiana, che a quella greca in fase di riammissione.
Interviste
Nel corso della missione, abbiamo incontrato richiedenti asilo – nascosti nelle “factory”, la maggior parte di nazionalità afghana. È stato difficile entrare in contatto diretto con loro, sia per una questione linguistica, sia perché all’interno di questi campi informali di detenzioni ci sono anche delle persone che lavorano con i trafficanti e non ci hanno reso possibile effettuare delle interviste approfondite. Nonostante ciò, abbiamo riscontrato 2 casi di migranti che hanno dichiarato di essere arrivati in Italia su un traghetto da Patrasso e di essere stati rimandati in Grecia dalla polizia italiana, la quale non ha considerato il loro status (richiedenti asilo) e la loro volontà di chiedere protezione internazionale.
Situazione dei porti in Italia
La già citata sentenza della Corte EDU “Sharifi e altri contro Italia e Grecia”, aveva condannato l’Italia per aver respinto indiscriminatamente un gruppo di richiedenti asilo Afghani e Sudanesi e un eritreo verso la Grecia, considerata Paese “non sicuro”.
A seguito della decisione, il Comitato del consiglio dei ministri del Consiglio d’Europa ha proseguito l’attività di controllo dell’effettiva e corretta esecuzione della sentenza. Nel corso della riunione del giugno 2017, il Comitato dei Ministri ha chiesto al Governo italiano di fornire nuove informazioni sull’attuale organizzazione e funzionamento dei sistemi di accoglienza per i migranti nei porti adriatici e circa le procedure seguite durante gli arrivi ai porti, al fine di valutare la correzione delle prassi illegittime precedentemente poste in essere.
Nel caso Sharifi i ricorrenti erano stati riconsegnati dalle autorità di frontiera ai capitani dei traghetti senza avere accesso all’informativa legale, alla mediazione linguistica e all’assistenza legale in merito al diritto di chiedere asilo e alle pertinenti procedure. Per quanto emerga come evidente un decremento dei numeri di richiedenti in transito sulla rotta adriatica, dal 2018, di 23370 persone arrivate via mare in Italia, il 12% arrivava dalla Turchia e il 5% dalla Grecia (da Patrasso e Corfù).
Inoltre, i servizi di accoglienza ai porti, volti a garantire assistenza legale e linguistica ai richiedenti, risultano essere discontinui e non presenti nelle aree di arrivo in modo stabile, operando con il metodo “a chiamata”. L’assenza di soggetti volti a garantire il corretto accesso alla procedura di asilo inevitabilmente comporta un aumento del rischio di riammissione illegittima degli stranieri, della quale evidentemente non rimane traccia, a conferma di quanto riferito nel corso del sopralluogo a Patrasso.
Foto di Diletta Agresta