Lettera aperta dell’ASGI a UNHCR
Presentati due ricorsi d’urgenza per consentire l’ingresso in Italia di 5 persone eritree
Nel dicembre del 2021 alcune avvocate socie dell’ASGI nell’ambito di una missione svolta a Niamey e ad Agadez dal progetto ASGI Sciabaca & Oruka – Oltre il Confine incontrarono a Niamey una famiglia di quattro persone, di cui due minori, e un giovane uomo, tutti provenienti dall’Eritrea e bloccati in Niger da quattro anni.
Il nucleo e il ragazzo sono stati evacuati dalla Libia in Niger attraverso il Meccanismo di evacuazione di emergenza (ETM) gestito da UNHCR e giunti in Niger hanno seguito la procedura per il riconoscimento della protezione internazionale. Sebbene l’iter non sia ancora concluso, l’UNHCR ha dato parere negativo alla loro richiesta di protezione. Si tratta di persone che sono fuggite dall’Eritrea, cioè da un paese sottoposto a una durissima e longeva dittatura e che giunte in Libia hanno subito torture, sono state vendute, comprate e detenute arbitrariamente. Il ragazzo è partito quando era ancora minorenne e da minore ha subito numerosi abusi che si sono iscritti nella sua biografia lasciando tracce profonde. La donna che compone il nucleo familiare soffre di crisi epilettiche a seguito di un trauma cranico dovuto alle percosse subite in Libia ed è soggetta a crisi depressive che si sono aggravate con la nascita dei due figli, il primo nato in un centro di detenzione libico. In Niger vivono una situazione estremamente precaria sia in relazione alla loro situazione personale, sia in relazione alla condizione del paese che presenta diverse criticità, soprattutto in relazione alla sicurezza: il rischio terrorismo è elevato e dal 2021 sono oltre 700 le vittime di attacchi armati.
Cos’è l’Emergency Transit Mechanism e come funziona?
Alla fine del 2017 l’UNHCR ha approvato un piano di evacuazione e reinsediamento delle persone richiedenti asilo e rifugiate dalla Libia al fine di permetterne l’accesso alla protezione e alle cd. “soluzioni durevoli”. A questo fine l’Alto commissariato ha firmato, nel dicembre dello stesso anno, un Memorandum con il Niger in cui si sanciva la disponibilità nigerina di accogliere le persone evacuate dalla Libia rispettando determinati parametri, tra cui il periodo massimo di residenza nel paese per ogni persona di 6 mesi. Il Memorandum è stato rinnovato nel febbraio del 2020 per un ulteriore periodo di due anni. Nel 2019, una simile intesa è stata siglata con il Ruanda, dove attualmente sono evacuate le persone vulnerabili dalla Libia e dove attendono in attesa del reinsediamento in un paese di destinazione.
L’ETM rappresenta uno dei pochissimi strumenti messi in atto dalla cooperazione internazionale, e in particolare dall’Italia, per mitigare gli effetti del blocco delle partenze dalla Libia determinato in primo luogo dall’attuazione del Memorandum Italia – Libia.
Nonostante la sua rilevanza da una prospettiva umanitaria ed emergenziale, l’ETM non può in alcun modo essere considerato un meccanismo di accesso alla protezione in grado di far fronte al blocco delle partenze operato dalle autorità libiche grazie al sostegno italiano.
Sono numerosi, infatti, i limiti di tale programma: la prima questione riguarda le persone che vi hanno accesso.
In Libia l’UNHCR ha la possibilità di registrare e di prestare assistenza solo alle persone provenienti da 9 paesi (Iraq, Siria, Palestina, Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Sud Sudan, Yemen). Tutte le altre persone, a prescindere dalla loro situazione, non possono essere registrate e quindi non possono avere accesso ad alcuna forma di assistenza e protezione fornita da UNHCR.
Tra le persone registrate, solo le più vulnerabili sono considerate eleggibili per l’evacuazione.
Il procedimento di selezione delle persone che possono essere evacuate è gravato da un elevato livello di discrezionalità e non vi sono garanzie procedurali attivabili dai richiedenti. Al contrario, si tratta di un meccanismo fondamentalmente concessorio e di carattere emergenziale.
Una volta evacuate, come emerge dalla situazione dei ricorrenti, non si ha alcuna certezza di essere poi ricollocati – non sussiste infatti un obbligo ad accettare le domande di reinsediamento per i paesi di destinazione – né di vedersi garantita alcuna forma di protezione in base alla normativa in vigore in Niger o in Ruanda (spesso più restrittiva di quella in vigore nell’UE).
In questi paesi, inoltre, non possono essere garantiti standard minimi di accoglienza e protezione per la durata della procedura, cosa oltremodo evidente nel caso del Niger.
La richiesta di visti di ingresso
A causa di questi limiti le persone incontrate a Niamey dall’ASGI si trovano senza alcuna forma di protezione dai rischi che corrono nel paese e, ancor più grave, dal rischio di refoulement nel loro paese di origine.
A fronte di questa situazione, le avvocate hanno individuato come unica soluzione per garantire loro l’accesso alla protezione la presentazione di richieste di visti d’ingresso per motivi umanitari in Italia. A seguito del rifiuto al rilascio dei visti da parte dell’Ambasciata italiana in Niger, sono stati presentati due ricorsi d’urgenza al Tribunale civile affinché siano rilasciati i visti che permetterebbero alle persone incontrate di entrare in sicurezza in Italia e chiedere che sia riconosciuto loro lo status di rifugiato.
Poiché l’azione intrapresa dalle avvocate socie dell’ASGI è limitata alla tutela delle persone incontrate, ASGI sollecita UNHCR a ripensare con urgenza alla situazione delle tante persone che hanno avuto accesso all’ETM.
ASGI chiede a UNHCR di adoperarsi affinché tutte le persone che hanno avuto accesso all’ETM dalla Libia e si trovano tuttora in Niger siano ricollocate nel minor tempo possibile in uno Stato terzo effettivamente sicuro affinché sia adeguatamente tutelato il loro diritto alla protezione dal respingimento nello Stato di origine e a una vita dignitosa.
L’ulteriore permanenza di costoro in condizione precaria ed incerta per più di sei mesi in Niger, paese poverissimo e con elevati rischi per la sicurezza, non può in alcun modo rappresentare una soluzione adeguata per le persone evacuate dopo i periodi di detenzione disumana e degradante in Libia.
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