– NOTA A MARGINE DELLA SENTENZA NEL CASO ASSO 28
di Martina Micheletti ed Erica Riffaldi
Il Tribunale di Napoli ha recentemente depositato le motivazioni relative alla sentenza con cui il 13 ottobre 2021 ha condannato a un anno di reclusione il comandante della nave privata Asso 28 per aver riconsegnato alle autorità libiche alcuni migranti salvati in acque internazionali.
La vicenda oggetto del procedimento è avvenuta il 30 luglio 2018, quando la Asso 28, rimorchiatore della società armatrice “Augusta Offshore” che operava a supporto della piattaforma Sabratha della società petrolifera “Mellitah Oil & Gas” ha riportato a Tripoli 101 migranti, tra cui minori e donne incinte, soccorsi in acque internazionali dopo essersi imbarcati dalla Libia a bordo di un gommone.
Il Tribunale ha ritenuto provata la responsabilità penale del comandante sia per il reato di abbandono di “abbandono di minore o incapace” (art. 591 del codice penale) sia per il reato di “sbarco arbitrario di persone” (art. 1155 del codice della navigazione).
Con riferimento al primo reato, il Tribunale ha rilevato che non si può considerare la Libia un porto sicuro, anche alla luce dei molteplici rapporti di organizzazioni internazionali sulle violenze e i trattamenti inumani cui i migranti sono sottoposti in questo Paese. Il comandante ha invece ricondotto a Tripoli anche minorenni e persone altamente vulnerabili (come donne incinte), senza aver preventivamente provveduto alla loro identificazione e al necessario e omettendo di verificare a chi i migranti venivano consegnati in custodia dopo lo sbarco, esponendoli in tal modo a una situazione di grave pericolo.
Quanto al secondo reato, in merito al capo 3, il Tribunale ha confermato che, a causa del mancato contatto e coordinamento con l’IMRCC e della mancata identificazione del porto di Tripoli come luogo sicuro, il comandante ha arbitrariamente sbarcato i migranti in Libia, violando l’art. 1155 del codice della navigazione.
Il Tribunale ha invece assolto il secondo imputato, un operatore di terra della compagnia privata, poiché non ha in alcun modo contribuito alle decisioni prese dal comandante, di cui è stato informato solo a posteriori.
L’importanza della sentenza in esame non risiede tanto nella gravità dei reati contestati (per il più grave, abuso d’ufficio, il comandante è stato assolto) o nella severità della pena inflitta (un anno di reclusione), quanto nel principio che è stato affermato. Si tratta infatti della prima condanna a carico di un soggetto privato per lo sbarco illegale di migranti in Libia
Rimangono inoltre alcune zone d’ombra. Il primo è legato al fatto che, come la sentenza sottolinea, le operazioni di sbarco della Asso 28 in Libia sono state coordinate da un funzionario libico, non meglio identificato all’epoca dei fatti, salito a bordo del rimorchiatore presso la piattaforma petrolifera di Sabratha. In una “dichiarazione giurata” resa successivamente il funzionario si è auto identificato come Ahmed Abdusalam Hadud, rappresentante della Guardia Costiera libica, che ha affermato di aver effettivamente coordinato in prima persona il soccorso e lo sbarco dei migranti. Permangono tuttavia alcune zone d’ombra sulla presenza e sul ruolo del funzionario nella vicenda, sul perché non sia stato immediatamente identificato dal comandante della nave e perché della sua presenza non sia stato informato l’IMRCC.
Un altro punto debole della sentenza risiede nel fatto che la sentenza non è destinata a produrre alcun effetto concreto sulla situazione dei 101 migranti respinti, che non sono mai stati identificati, neanche in maniera sommaria, dal comandante della Asso 28. Non vi sono inoltre prove materiali, quali foto e video, che permettano di accertare la loro identità.
Il caso della Asso 28 si differenzia quindi da altri casi decisi dalle autorità giudiziarie italiane e internazionali, in cui cittadini stranieri vittime di respingimenti illegittimi hanno potuto ottenere un risarcimento o addirittura ottenere un visto di ingresso sul territorio italiano al fine di esercitare il diritto di chiedere asilo che era stato loro negato con il respingimento illegittimo.
foto di Tim Lüddemann