Dopo un periodo di incubazione di piu’ di un anno, il 15 gennaio 2020 l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha annunciato al Cairo l’avvio del programma di protezione e rimpatrio di migranti verso l’Egitto.
Fortemente voluto dall’Unione Europea, con la particolare collaborazione di alcuni paesi membri (tra cui l’Italia) che con l’Egitto hanno già siglato da tempo accordi bilaterali di rimpatrio, l’iniziativa punta a facilitare, attraverso incentivi di varia natura, il ritorno assistito e la reintegrazione dei cittadini egiziani nel proprio paese di origine. L’iniziativa si affianca ad altre iniziative della UE volte a contrastare i flussi migratori provenienti dal paese nordafricano, come il programma da 60 milioni di euro volto a “migliorare la risposta alle sfide migratorie in Egitto”.
Al di la’ della presenza dell’agenzia ONU per le migrazioni, che sembra fungere da baluardo meramente formale della protezione dei diritti dei migranti all’interno di questo progetto, l’iniziativa desta serie preoccupazioni, considerato lo scarso rispetto per i diritti umani dimostrato dall’Egitto, come attestato da recenti episodi che hanno visto coinvolti cittadini egiziani temporaneamente residenti all’estero ritornare in patria ed essere sottoposti ad indefinita carcerazione preventiva. Quale sara’ il prezzo da pagare affinché l’iniziativa congiunta UE-OIM dispieghi i suoi effetti e quindi incrementi i tassi di rimpatrio di cittadini egiziani? Secondo la ONG EuroMedRights la riposta è una sola: “i diritti umani”.
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